Intervista a JOAN JETT da INTERVIEW

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  1. joey881
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    Intervista a JOAN JETT da INTERVIEW
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    Nei 4 anni in cui sono state insieme, le cinque ragazze che hanno dato vita alle The Runaways sono state un’avanguardia nell’hard rock, nei baci appassionati e, in definitiva, nelle droghe pesanti della leggendaria scena alla moda nella Los Angeles degli anni ’70. Le loro prodezze – che hanno usato – fanno parte della leggenda e ora anche di ‘The Runaways’, il film d’esordio della fotografa e regista di video Floria Sigismondi.

    Basato sull’autobiografia della cantante Cherie Currie del 1989, Neon Angel, la Sigismondi lavora sulla relazione tra la Currie e la fondatrice, autrice dei testi e chitarrista Joan Jett (il libro della Currie, scritto con Tony O’Neill, è stato ripubblicato in una versione aggiornata dalla HarperCollins proprio in questo mese). Dakota Fanning interpreta la bella e sofferente Currie; Michael Shannon ruba la scena nel ruolo del diabolico e geniale Kim Fowley; e Kristen Stewart interpreta Jett, con giacca di pelle nera e sex appeal alla Elvis, in versione estrogeni.

    A causa dei vincoli posti dai diritti, ‘The Runaways’ paga solo un piccolo debito agli altri membri della band, la chitarrista Lita Ford, la bassista Jackie Fox e la batterista Sandy West. Ma, commentato dalle bellissime canzoni, il film – e i sentimenti di libertà, amore e sofferenza che le ragazze sfogano nella musica e l’una nell’altra – risulta accurato. “Volevo che fosse un film ruvido” dice Sigismondi, che ha curato anche i video di gente come Marilyn Manson, The White Stripes, David Bowie, Bjork, The Cure e Interpol. “Questo breve periodo ha avuto un posto molto importante nella loro vita. E (il libro) era molto delicato ma non sempre sincero. C’era rabbia. C’era risentimento. C’era dispiacere. Stavano rompendo delle regole. Prendevano dei rischi. Facevano cose che le avrebbero mandate a sbattere contro dei muri”.

    Ho parlato di recente con Jett – l’autrice di alcuni dei migliori inni di tutti i tempi come ‘Bad Reputation’ e ‘I Love Rock ‘n’ Roll’ e che, con il suo manager, Kenny Laguna, è diventata executive producer di ‘The Runaways’ - e le ho chiesto che effetto le ha fatto rivedere i suoi trionfi e i suoi eccessi (incluse le scene infuocate con la Currie) sul grande schermo. “Joan Jett” ha detto di lei Floria Sigismondi “è unica nel suo genere e non ha mai cambiato strada. ‘Questo è quello che ero – ha detto – e quello che ancora sono”.

    D. Com’è stato vedere ‘The Runaways’?

    R. Abbastanza surreale. E’ difficile dare un giudizio, difficile prendere le distanze, ma lo sto facendo e ora va meglio. Guardarlo non mi fa più star male e penso che questo sia un buon segno. L’unica cosa che mi disturba un pò è quando mi dico “Mi piacerebbe rifarlo, ma facendo più attenzione”. Non che non si facesse attenzione anche allora, ma in quei momenti a volte non ti rendi conto di quello che stai vivendo e ti accorgi di quanto fossero speciali le cose solo quando sono passate.

    ‘CHI VUOLE SAPERE CHI SONO DEVE SOLO LEGGERE I MIEI TESTI – HO SEMPRE E SOLO SCRITTO DI ME’ Joan Jett

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    D. Hai mai desiderato che la storia di ‘The Runaways’ fosse raccontata?

    R. Non io – penso che questo valga invece per le altre ragazze. Ho sempre avuto delle resistenze sia a un incontro delle Runaways sia a che se ne facesse un film. Probabilmente temevo che le cose potessero non funzionare. Forse era un modo per proteggermi dato che l’esperienza delle Runaways è stata molto speciale e importante per me, quella delle ragazze e il rock ‘n’ roll. Aveva molto a che fare con il seguire i propri sogni, con il non dover per forza percorrere delle strade già tracciate. Le ragazze si confrontano con i ruoli previsti per la loro vita, ma quando ero giovane, i miei mi dicevano che avrei potuto non essere nulla. Prima di impegnarmi nella musica, volevo essere un’archeologa, un’astronauta, le cose più disparate.

    D. C’è una scena nel film dove suoni la chitarra e l’insegnante ti dice che le ragazze non possono suonare il rock ‘n’ roll. E’ successo veramente?

    R. Quella scena del film è vera. Sono entrata e ho detto “Mi insegni a suonare il rock ‘n’ roll”. E il ragazzo ha tirato fuori uno spartito e ha cercato di insegnarmi ‘On Top of Old Smoky” (una vecchia canzone folk). E’ stato l’ultima lezione che ho preso. Che mi dicesse che le ragazze non potevano suonare il rock ‘n’ roll mi suonava così strano, anche se ero una bambina, così illogico. “Che cosa vuoi dire? Che le ragazze non possono padroneggiare gli strumenti? Sono in una scuola dove le ragazze suonano il violoncello , il violino, Beethoven e Bach. Non puoi dirmi che non possono padroneggiare lo strumento. Quello che vuoi dire è che non è loro permesso, socialmente. Che non ti è permesso di suonare il rock ‘n’roll perché significa che stai rifacendo ‘Sticky Fingers’ (dei Rolling Stones). Che il rock’n’roll significa ‘Whole Lotta Love’ (dei Led Zeppelin)” . Anche oggi puoi ascoltare queste canzoni e questi album e renderti conto di come sono irriverenti, di quanto abbiano a che fare con il sesso. E quel tipo di roba fa paura. Mi dava l’energia per reggere tutte quelle persone che erano così arrabbiate perché le Runaways suonavano il rock’n’roll. Sì eravamo provocatorie ma era anche per costringere la gente a svegliarsi. Non volevamo essere come i Rolling Stones. Volevamo solo avere accesso alle radio, alle riviste.

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    D. Quando avete deciso che questo film era giusto per raccontare il vostro passato?

    R. Mi sono sentita a mio agio con i Linsons (i produttori del film). Che poi hanno incaricato Floria di scrivere prima la sceneggiatura e poi di occuparsi della regia, e ho capito che la cosa era in buone mani.

    D. Una delle cose più interessanti del film è che riesce a catturare il clima degli anni ’70 a Los Angeles, la libertà che vi si respirava ma anche gli eccessi, l’edonismo e il pericolo che c’erano.

    R. Sì penso che ci sia riuscito a descrivere quella combinazione di musica, di bellezza e di eccesso. Era una situazione decadente. Ma era anche molto attraente.

    D. Com’è stato lavorare con Kristen Stewart, che interpreta il tuo personaggio nel film? Che cosa le hai detto? Come ti ha studiato?

    R. Kristen mi è sembrata molto professionale ed è stato bello essere lì con lei. Credo che siamo molto simili, fisicamente, nel modo in cui occupiamo lo spazio. Ci siamo incontrate la prima volta un anno fa, a Capodanno. E’ venuta a vederci a un concerto. Siamo state fuori tutto il giorno e le ho raccontato tutto quello che potevo delle Runaways – voglio dire, il bello, il brutto e il terribile. Le ho raccontato tutte quelle cose e quello che significavano per me. Poi se n’è andata a girare ‘New Moon’ e non l’ho più vista fino a due settimane prima che iniziassero le riprese di ‘The Runaways’. E’ molto autentica. E io volevo che lei riuscisse a capire tutto e anche lei lo voleva. Così le ho dato tutta la musica delle ‘Runaways’ che ho potuto trovare; le registrazioni in cui parlavo … Quando stavamo insieme prima che il film iniziasse, mi guardava tutto il tempo. E mi faceva piacere perché sapevo che osservava la mia postura, le mie abitudini, tutto quello che facevo, come muovevo le mani, tutto. E c’è riuscita. Quando eravamo insieme sul set, era come se mi guardassi in uno specchio. Anche nel sedersi, facevamo lo stesso movimento. E’ stato bello e per nulla fastidioso. Era una cosa davvero speciale.

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    D. E’ diventato un film su te e Cherie.

    R. Esatto. All’inizio è stato frainteso perché si è parlato di un ‘biopic’ il che avrebbe significato che tutto doveva essere alla lettera. Ma per me, era più una storia parallela a quella delle ‘Runaways’. E’ basato sul libro di Cherie, è quindi il suo punto di vista su noi due e su Kim.

    D. Alcune delle cose di cui parla il film sono senza tempo, come il fatto che se sei una ragazza che si espone pubblicamente come decidi di mettere in gioco la tua sessualità? In un modo che ti renda più forte? Oppure in un modo che può anche ritorcersi contro di te?

    R. Sono questioni molto attuali. E’ divertente notare quando poco sia cambiato da quando le ‘Runaways’ sono nate. Penso che tutto sommato questo film possa far ripartire una discussione su questi temi. Non solo sulla musica, sulle ragazze e il rock’n’roll, ma anche su come queste ragazze sono viste e su come sono giudicate diversamente dai maschi quando decidono di usare la loro sessualità in maniera provocatoria.

    D. C’è molto sesso in questo film. Sei a tuo agio con il modo in cui è stato rappresentato?

    R. Sì, del tutto a mio agio. Guarda, tutti i ragazzi sperimentano, tutti provano questi sentimenti. E penso che sia ridicolo non prestarvi attenzione.

    D. Sei a tuo agio quando le persone dicono, ‘Oh, era una lesbica’ oppure ‘Oh, è bisessuale’ o altre cose simili? Perché quando le persone vedranno il film , lo diranno.

    R. Penso che le abbiano sempre dette. Chi vuole sapere chi sono deve solo leggere i miei testi – ho sempre scritto di come sono. Ho imparato presto, facendo parte delle ‘Runaways, a rispondere così perché potevo vedere già dagli sguardi degli scrittori quello che mi volevano chiedere sulla band e sui nostri giochi fuori scena e sapevo dal modo in cui facevano le domande che se avessi risposto così avrebbero scritto quello. Lo facevo istintivamente, sono cose che si imparano senza che nessuno te le dica. E focalizzeranno la loro attenzione su quello. Ma io voglio che le persone prestino attenzione anche ad altro, voglio che la gente faccia attenzione alla musica. E se vogliono sapere chi sono l’ho scritto nei testi, quindi che leggano e non siano pigri – leggete i testi e tirate le vostre conclusioni. Canto per tutti, è questa la frase più importante. Nessuno vuole che si dica ‘Bene, ragazzi, questa roba non vi riguarda’. Tu vuoi che tutti si sentano coinvolti. Tu vuoi che tutti ti vogliano.

    D. Speravo che Cherie suonasse con te ‘Blackhearts’ al Sundance. Succederà mai?

    R. Piacerebbe anche a me. Cherie è venuta due volte con noi a cantare ‘Cherry Bomb’. Per divertimento. E’ bello essere di nuovo insieme sul palco. Prima di trovarci in sala di registrazione con Dakota e Kristen per dei consigli su come cantare, era da tanto tempo che non ci trovavamo insieme in uno studio (ride). Non saprei da quanto, ma voi certamente lo sapete… Abbiamo fatto le prove, cercato i pezzi, cantato tutto e esattamente come se dai tempi delle ‘Runaways’ fosse passata solo una settimana. Uno di quei momenti per cui vale la pena vivere e questa volta lo facevo consapevolmente.

    D. Hai detto prima che vorresti che succedesse ancora. Ma succederà?

    R. No, non puoi tornare indietro.

    D. Che cosa pensi della tua musica?

    R. Sto facendo un ‘greatest hits’. Penso sia un CD, o no, un file (ridono tutte e due). Sto lavorando al mio nuovo file (questo mese dovrebbe uscire un doppio album, una greatest hits collection ‘Joan Jett and the Blackhearts’). Ho aggiunto due pezzi delle ‘Runaways’ perché le considero parte della mia vita e tra le mie canzoni migliori.

    D. C’è una frase nel film che dice che se non lo avessi fatto, saresti finita in galera o morta. Pensi sia vero? Oppure saresti diventato un’astronauta o un’archeologa?

    R. Dopo che le ‘Runaways’ si sono sciolte, se mi fossi fatta fermare dal dolore e non fossi andata con Kenny Laguna (un produttore di NY che pubblicò il suo primo album da solista) forse sarei diventata un’archeologa o qualcosa di simile. Sono contenta però di non essermi lasciata andare e di aver scelto un’altra direzione. Ma ero distrutta quando il gruppo si è sciolto.

    D. Uno degli aspetti che il film comunica di te è che sei la donna che ha lavorato più duramente nel rock’n’roll. Hai avuto veramente questa dedizione?

    R. Sì. Non è una ca—ata. Lo dicevo ai tempi delle ‘Runaways, e l’ho detto quando ho raggiunto il mio primo successo: ‘E’ vero, mi piace farlo. E’ per via della musica. E’ per cantare dal vivo, è per avere il rapporto con il pubblico, guardare le persone negli occhi e vedere il loro sorriso e pensare che forse lo ricorderanno per tutta la vita, quel breve momento che hanno vissuto con me, così come io ricorderò quel breve momento in cui ho rubato una birra a David Johansen (cantante rock, protopunk, blues, pop) sul palco a 14 anni.

    Che bella la parte in cui parla di Kristen, questa donna assolutamente fuori dal comune.

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